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IL MIO BLOG DI RICERCA

Il Diavolo, dal Medioevo al XIX secolo

  • Immagine del redattore: Giovanni Silvestri
    Giovanni Silvestri
  • 24 feb 2018
  • Tempo di lettura: 16 min

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Che cos’è il Diavolo? La domanda ha delle risposte molteplici: il #Diavolo è un nulla, è una proiezione fantastica che esprime il conflitto umano nei riguardi della storia e degli eventi naturali. Il Diavolo è una «necessità» per la comprensione della mediazione salvifica di Gesù Cristo. Ancora è un demone incarnante il male , il principe delle tenebre , signore delle negatività del pensiero manicheo. Il nome #diavolo deriva dal latino tardo, ecclesiastico, diabŏlus, dal greco διάβολος, (calunniatore) derivato di διαβάλλω (gettare attraverso, calunniare), adoperato nel greco cristiano per tradurre l’ebraico śāṭān (contraddittore, oppositore).

In Tommaso d’Aquino, il male dipende dalla caduta del primo angelo: il Diavolo seduttore e tentatore di Cristo nel deserto è un intermediario malvagio, egli è il nemico, l’avversario e comanda legioni di demoni.

L’Aquinate compie una sottile disanima sulla natura corporea o incorporea dei demoni nella quaestio sedici del De Malo, giungendo alla conclusione che i demoni sono incorporei e non esistono in essi altre azioni se non quelle dell’intelletto e della volontà; hanno pochissimi poteri perché li hanno perduti tutti nella caduta. Essi non possiedono nessuna conoscenza perché solo Dio conosce il futuro e, dato che i demoni non conobbero in precedenza la loro caduta, non potranno conoscere alcun futuro. Nell’insieme questa concezione di Tommaso è indubbiamente antineoplatonica. Essa si presenta come una sconfessione precisa indirizzata a una teoria dei demoni presente in quei tempi attribuita a Platone nella bassa latinità, secondo la quale gli esseri dotati di intelletto sarebbero divisi in dei, uomini e demoni e quest’ultimi come abbiamo già detto sarebbero intermedi fra il cielo e la terra. Secondo Tommaso l’assimilazione dei demoni in angeli malvagi, quindi come sostanze separate, aveva il vantaggio di annullare l’azione dei demoni pagani, le cui incursioni nel mondo degli uomini non potevano che essere rare e occasionali. Anche se i loro poteri sono uguali a quelli degli angeli, tuttavia a causa della loro caduta essi fanno cattivo uso dell’intelletto e pertanto non tendono alla verità, ma all’errore, producono falsi giudizi, sono presuntuosi e ignoranti, possono conoscere il futuro solo occasionalmente. Inoltre i demoni non possono alterare l’ordine della natu- ra voluto da Dio, quindi non possono trasformare l’uomo in bestia o vice- versa, perché secondo Tommaso, tutte queste trasformazioni sono opera della fantasia popolare piuttosto che della conoscenza.

Molti atti propriamente umani tra i quali il patto col Diavolo non includono niente di soprannaturale ma vengono ricondotti nell’ambito di una causalità naturale strumentale.

Qui #Tommaso accenna all’opera metaempirica dei demoni come una operazione occulta, ovvero una operazione naturale fatta da cause naturali di cui si ignora la causa. In questo senso anche il patto, se ha luogo, sarebbe redatto tra stipulanti entrambi creati dallo stesso Dio: un contratto tra Uomo e Diavolo anche se di nature diverse, una corporea e l’altra eterea , non avrebbe alcun valore né conseguenza. In ogni caso rimane proibito avvalersi dell’aiuto del demonio sia con patti segreti sia manifesti.

Il #demonio è una creatura di Dio che è divenuta angelo decaduto, quindi la spiegazione della sua natura è legata alla interpretazione della sua caduta e non dai limiti che da essa gli sono conseguiti. Tommaso ritiene che la volontà indirizzata dall’intelletto abbia il suo fine nel bene, invece nel caso dell'angelo caduto, la sua volontà lo porti a esaltare la sua perfe- zione, colpa che lo condurrà ad allontanarsi da Dio bene assoluto. Quindi il peccato è protendere alla autobeatificazione, di non tener conto dell’ordine e di essere in balia del caos. Grazie alla sua conoscenza intellettiva, l’angelo era informato perfettamente della sua essenza creaturale, ma per ultimare l’atto di comprensione doveva riconoscersi totalmente dipendente da Dio.Il Diavolo si distacca da quest’ordine divino mediante un atto di aversio, mentre l’angelo fedele lo segue con la conversio. Ciò implica che la caduta sia istantanea, poiché si tratta di una cattiva evoluzione della creatura, e non un momento nella vita intenzionale dell’angelo. Se questo corso non fosse stato immediato, ci sarebbe stata l’aporia di una volontà perversa formata da un intelletto perfetto.

Il Diavolo nella consultazione sulla magia del 1320

Il XIV secolo fu il periodo in cui cominciò a prendere forma il vero e proprio punto di partenza di quello che sarà l’argomento più dibattuto negli anni seguenti: il culto del Demonio. I riti magici, sia quelli rituali compiuti da sedicenti maghi, sia quelli di natura molto più popolare e scaramantica, erano molto diffusi in quel periodo e stava creando non pochi problemi alla Chiesa.

Papa Giovanni XXII con la consultazione sulla magia, introdusse un soggetto: il factum ereticale, in altre parole, era necessario verificare se nel- le pratiche magiche si potesse intravedere un fenomeno eretico, quindi sanzionabile. Questo tipo di riflessione, diventò il fondamento dei criteri di giudizio sulla magia, partendo dall’Alto medio evo fino all’età moderna.

Il motivo di tale richiamo fu legato proprio all’intervento del Diavolo nelle pratiche di stregoneria e di magia, fino allora confinate nelle superstizioni popolari, le quali, attraverso l’invocazione demoniaca sarebbero potute scivolare nel fenomeno eretico; il demonio per intenderci diventa mediatore culturale di adepti i quali operando tramite riti occulti cercavano di compiere azioni malvagie. All’inizio del 1317 per esempio furono scoperti ed arrestati due uomini che nascondevano in una tasca con doppio fondo tre statuette di cera avvolti in un pergamena dove vi si trovò scritto:

«Papa Johannes moriatur et non alius! Bertrandus de Pogeto moriatur et non alius! Gaucelmus Johannes moriatur et non alius!»

Partirono le indagini dell’Inquisizione che portarono allo svelamento del colpevole mandante, che risultava essere il vescovo di Cahors, il quale grazie l’utilizzo della magia nera diabolica, voleva vendicarsi di coloro che l’avevano accusato di tirannia e #simonia e, a causa di queste gravi imputazioni fu processato ed in seguito carcerato a vita.85 Il fatto divenne uno dei motivi per cui il pontefice nel 1320 cominciò a elaborare un accertamento che gli potesse consentire, con l’aiuto di sommi teologi del tempo ed esperti della corte papale, di chiarire quali fossero le argomentazioni giuridiche e dottrinali necessarie per condannare come eretici i maghi e gli invocatori dei demoni. Il suo intento alla fine era di stabilire se chi attraverso riti #magici , obbligando i demoni ad arrecare danno, compisse solo un sortilegio o in realtà fosse un #eretico.

Il secolo XIV è ricco di episodi processuali che implicano l’associazione del demonio agli atti di maleficio e nella loro ritualità si riconoscono tutti gli aspetti che si ritroveranno anche nel culto di Satana contemporaneo: l’invocazione del diavolo, l’omaggio e il patto, il maleficio.

Un esempio è quello riguardante la figura di Guichard, vescovo di Troyes il quale volendo liberarsi della regina Giovanna di Navarra, moglie di Filippo il Bello, si avvalse delle capacità di un religioso in grado di evocare i demoni; il demone consigliò a Guichard di creare un simulacro di cera e chiamarlo col nome della regina e dopo averlo punto con degli spilli, aspet tare che la nobildonna morisse: la regina Giovanna morì.

La dannosità di queste pratiche fu osservata da Enrico del Carretto francescano, baccelliere in teologia e massimo esperto della consultazione del 1320. Egli articolò rigorosamente le problematiche che Giovanni XXII voleva chiarire, nelle quali secondo lui si riscontravano due tipi di eresia: la prima attinente alla credenza, la seconda e ben più grave della prima quella riguardante la devozione verso il Diavolo. Il Francescano in quella situazione espose in modo inequivocabile le circostanze nelle quali l’utilizzo di libri sacri era ricondotto esclusivamente a pratiche divinatorie, oppure come l’utilizzo d’immagini sacre fosse usato dal demonio contro #Dio, e ancora dell’uso #malvagio dei simulacri di cera, per poi finire con una pronta spiegazione dei simboli esoterici e delle adorazioni rituali attraverso le qua- li avviene il maleficio. Sarà proprio questa analisi che lo porterà a classificare come eretico colui che introduce qualcosa di liturgico nella #magia , punibile però con un canone sanzionatorio fatto di vari livelli che arriva al massimo della pena solo nell’accertamento della manifesta venerazione del Diavolo e del rispetto del patto con lui stipulato. Questo suo parere ebbe grande eco presso la corte papale e Giovanni XXII, abile giurista, ebbe fi- nalmente la motivazione per neutralizzare maghi e maghe, anche per il ti- more che potessero colpirlo con i loro malefici. Diede carta bianca agli Inquisitori di Carcassona e di Tolosa il 22 agosto 1320,90 affinché potessero procedere senza impedimenti contro coloro che si esponessero a patti con i demoni, che battezzassero immagini o sculture per usarle come maleficio e, che profanassero l’eucarestia servendosene per fatture.

A questo punto è necessaria una breve spiegazione, come abbiamo visto all’inizio del paragrafo, l’eresia non è più solo considerata come #deviazione dalla fede ma è anche un fatto ereticale, cioè è la trasgressione della legge evangelica nei riguardi della sua entitas, unitas, veritas e bonitas, quindi eretici sono tutti coloro che sono avversi a questi trascendentali evangelici e in ogni caso, l'#eresia propriamente detta (entitas), era quella

che negava la verità. Per quanto riguarda invece le immagini profane consacrate, l’eresia non consiste nella credenza della potenza nell’immagine del diavolo, ma riguarda la devozione verso di lui ossia verso il suo #segno. Il factum hereticale è dunque la condizione di possibilità di riconoscere in un segno la presenza inequivocabile del Diavolo soggetto di venerazione.

C’è da dire che le prime conseguenze di questa rivoluzionaria interpretazione dell’eresia non furono immediate, tanto è vero che lo stesso Bernardo Gui nel suo #Manuale dell'Inquisitore ritenne eresia del patto solo se essa comprendesse un sacrificio. Bisognava attendere il 1398, l’anno in cui la Facoltà di teologia su materie di fede di Parigi, si decretò definitivamente che: «Quod inire factum cum demonibus, tacitum vel expressum vel species idolatrie et apostasie. Error et intendimus esse pactum implicitum in omni observatione superstitiosa cuius effectus non debet a Deo vel natura rationabiliter expectari.»

In questa sentenza vi è la totale mancanza di differenziazione fra patto implicito ed esplicito, fra fede e superstizione, fra il Demone caduto dei cristiani ed i daimones pagani. L’approvazione della conformità legale del fatto, sarà determinante nei secoli successivi nella condanna della magia della stregoneria .

Nominalismo, Volontarismo e Stregoneria nel XIV e XV secolo

Nessuna delle correnti intellettuali ha influenzato come il nominali- smo,il cui orientamento era di respingere la teoria degli universali dei realisti, la demonologia medievale. Era il buio periodo dell’Inquisizione e della messa al bando di qualsiasi forma di stregoneria che nel pensiero dell’epoca era in diretto rapporto con l’adorazione del Diavolo.

Guglielmo d’Ockham (1285-1347), francescano di Oxford, riteneva che gli universali non si trovassero in nessun luogo, distaccandosi così dalla la teoria di Tommaso d’Aquino che voleva gli universali non fossero nelle cose ma prima delle cose stesse, quindi che nella mente di dio ci fosse già un’idea di umanità prima del singolo individuo.

Nel pensiero di #Ockham non può esistere un modello attraverso il quale Dio mette in atto una decisione; Dio è assolutamente libero e non è determinato da alcuna esigenza. I nominalisti distinguevano Dio in una potentia absolut e potentia ordinata. Mentre il suo potere assoluto è limitato dal principio di non contraddizione, il potere ordinato è semplicemente una descrizione di ciò che è. Dio non riconosce nel male una qualità intrinseca che il male stesso possedeva prima che egli lo dichiarasse tale, il male è male solo perché Dio lo nomina in quel modo. Nonostante Ockham fosse favorevole al libero arbitrio, anche lui riteneva che i poteri di dio fossero illimitati: il male è male perché Dio comanda che sia così, Dio ha creato l’universo con dentro tutto il male e nulla ha influenzato la sua scelta. E’ chiaro che questa asserzione poteva imputare a Dio di essere la causa, sia pur parziale del male nel mondo, ma Ockham evitò di farlo rifugiandosi nel principio nominalistico secondo cui, ciò che viene detto del male, può non esserlo agli occhi di Dio.

Nicola Cusano (1401-1464), fu molto più vicino di Ockham ad attribuire la causa del male a Dio. Nella sua De docta Ignorantia, egli afferma che di Dio noi possiamo sapere che egli è il maximum, ma non possiamo dire che è l’essere massimo, perché egli trascende il nostro concetto di essere, nè tantomeno il maximum che è di là da ogni tipo di grandezza os- servabile e concepibile, perché Dio è totalmente altro. Di Dio se diciamo il maximum non possiamo non dire il minimum, se diciamo essere non possiamo non dire non-essere, perché dio è la coincidentia oppositorum, l’unione dei contrari.

Dio non può essere conosciuto ma solo intuito e se Dio è il maximum absolutum, l’universo è un maximum contractum, è con- trazione di dio, ovvero la sua discesa visibile. Esso giace all’interno di Dio in un eterno presente: vita e morte, creazione e distruzione, sono in lui senza distinzione. E’ chiaro che questa riflessione doveva portare al fatto che tutti gli opposti, compresi anche il bene e il male, erano in Dio. Cusano invece non affrontò l’argomento in questo senso, limitandosi a dire che il male era conseguenza necessaria della contrazione di Dio nell’universo e, questa limitazione di sé, era necessaria affinché Egli potesse manifestare la sua gloria.

Sta di fatto che il pensiero di Cusano ed in genere quello nominalista avrà grande influenza nello sviluppo del concetto di Diavolo: il Diavolo è il nome creato dai cristiani per descrivere il potere del male di cui abbia- mo esperienza ed intuizione e che deve essere parte del maximum contractum della manifestazione di dio nell’universo.

Giovanni Duns Scoto (1266-1308),può essere a tutti gli effetti considerato l’iniziatore della corrente filosofica del Volontarismo: la volon- tà di dio, assoluta e infinita non poteva essere compresa con le categorie dell’intelligenza, quindi a differenza del tomismo, la volontà deteneva il primato sia in Dio sia nelle creature spirituali. Per questo motivo il primo peccato del diavolo, non era come la tradizione insegnava, la superbia o l’orgoglio, ma diventava desiderio, era l’autocelebrazione di sé, ovvero un peccato di godimento e concupiscenza. L’amore di sé era la base della su- perbia e la presunzione era la conseguenza del desiderio eccessivo del pro- prio bene che si finalizzava in volontà di dominio sugli altri. L’intelletto quindi era ottenebrato dal peccato della volontà che desiderava maggior- mente il proprio bene a discapito del proprio essere. Per Scoto, il Diavolo, invidioso nei confronti dell’uomo (Adamo), si avvicinò alla donna (Eva) e sapendola debole, se ne servì per sedurre l’uomo. Il demonio, non si manifestò nella sua forma originale, ma usò il serpente per il suo scopo, travestendosi o incarnandosi in lui. Nel suo atto di seduzione indusse la donna a dubitare: non era sicura se il nutrirsi del frutto dell’albero al centro del Paradiso sarebbe stato causa di morte; Satana riconobbe nel forse di Eva il dubbio sulla parola di Dio e mentendole le promise che lei sarebbe potuta diventare come Dio stesso.La manifestazione fisica del male di derivazione nominalistica e il Diavolo inteso come oggetto di culto, seducente e fuorviante, saranno i fenomeni dell’indagine che gli Inquisitori cominciarono a considerare durante la famigerata caccia alle streghe, della quale il Malleus Maleficarum. diventerà il manifesto.

Il domenicano J.Sprenger teologo e inquisitore di Germania, ri- cordato nella bolla papale Summis desiderantes affectibus promulgata da Innocenzo VIII contro la stregoneria nel 1484, da autore del testo, individua i motivi per i quali le donne, diventano facilmente preda del demonio e dedite alla stregoneria: «Primariamente sono le donne più inclini a credere, e il demonio che cerca principalmente di corrompere la fede, più facilmente riesce ad aggredirle. In secondo luogo, per la loro natura medesima della loro complessione nervosa (propter fluxibilitatem complexionis) sono più facilmente ricettive delle impressioni che vengono da spiriti separati(…).In terzo luogo hanno la lin- gua lubrica e non riescono a tener nascosto alle altre donne loro simili le cose malvagie che hanno appreso, e quando non hanno forze sufficienti per vendicarsi cercano di procurarsi vendetta a mezzo di maleficio(…). La donna, cattiva di natura, cade presto nei dubbi della fede, presto rinnega la fede medesima, nel che è il fondamento dei malefici. In quanto, poi, alla seconda facoltà dell’anima, ossia alla volontà, la donna quando è presa da odio contro qualcuno che prima amava, arde d’ira e d’impazienza, e si agita e ribolle come il bollore del mare(…). In conclusione tutto dipende dalla concupiscenza carnale, che nelle donne è insaziabile(…) onde si danno da fare con i demoni per soddisfare la loro libidine».

Questo brano, tratto dall’edizione di Venezia del 1574, evidenzia i contenuti misogini rispondenti alla teologia del periodo e della quale abbiamo ac- cennato, ponendo l’accento sulla condizione di debolezza e di cattiveria na- turale nella quale la donna si trova, che la costringe ad affinare le subdole arti dell’inganno, della seduzione e del sortilegio, strumenti dei quali il Diavolo è il depositario assoluto.

Il convegno malefico - erotico del quale le presunte streghe erano accusate nei processi, era il Sabba o Congresso notturno. Martin DelRio nella sua opera di dissertazione sulla stregoneria, in una prima ipotesi asseriva che il simposio notturno al quale le donne partecipavano volando, era solo frutto della loro fantasia perché costrette dalla possessione diabolica; in un secondo momento invece asserì che le streghe si radunano al Sabba, attraverso l’aria a cavallo di scope o demoni, o con altri mezzi naturali dati a loro disposizione dal Diavolo. Giunte nella radura, il demonio che assumeva la forma di animale, cane o capro, era celebrato mediante doni simbolici e blasfemi (ostia consacrata e calpestata). Seguiva un lauto banchetto, dopo il quale, i demoni presenti ballavano a lungo con le loro favorite e, alla fine, il tutto si completava con l’accoppiamento rituale col Diavolo.

Si può ben capire che questo scenario fosse in gran parte invenzione degli Inquisitori i quali subirono l’influenza sia del pensiero teologico del tempo, sia della tradizione popolare, che ebbe come principale mezzo di comunicazione il Sermone. Il popolo, ascoltando le omelie ricche di contenuti apocalittici ,di ragionamenti sulle schiere demoniache formate da streghe ed eretici, si convinse di questo e iniziò a credervi ciecamente. La conseguente caccia alle streghe, divenne forse l’episodio di maggiore significato nella storia del diavolo, dettato anche dall’utilizzo improprio della credulità popolare, attraverso la quale, si poteva facilmente sospettare di chiunque si avesse paura o invidia accusandolo di essere servo di Satana, eliminando così molti nemici, o presunti tali.

Il Diavolo dal XVI al XIX secolo

L’alba dell’Epoca moderna è contraddistinta nel panorama europeo, da una crisi sociale, politica, morale e religiosa senza precedenti, che di- venta terreno fertile per la crescita dell’interesse verso il demoniaco, soprattutto verso la figura archetipica di Satana; non c’è un’ eresia né super- stizione, ma vi è una inversione dogmatica.110 Le classi colte della società del periodo, parteciparono attivamente alla nascita di una nuovo tipo di filosofia che verificava le qualità superumane e l’infinita libertà del Diavolo. Vi è infatti un moltiplicarsi di opere di demonologia fra le quali spiccano il De praestigiis daemonum e la Pseudomonarchia daemonum di Jean Wier pubblicate fra il 1564 e il 1577. Anche l’arte è sedotta dal demoniaco, come il celeberrimo Trittico delle tentazioni di Sant’Antonio di H. Bosch ed anche La caduta degli angeli ribelli ed il Trionfo della morte di P. Bruegel il Vecchio.

Le grandi opere rinascimentali, che celebravano le virtù divine, fura- no sostituite da raffigurazioni nelle quali la figura del demonio diventò la protagonista assoluta. Per questo motivo si può ritiene che l’organizzata cultura dell’occulto di quel periodo storico ponga i fondamenti del pensiero della bizzara #filosofia e teologia degli adoratori del Diavolo contemporanei.

Col tempo, figura del diavolo prende nuove forme, non è più l’essere mostruoso, nemico dell’umanità, ma diventa quasi un amico dell’uomo e, interessato ai suoi dubbi e timori, sembra quasi che lo voglia consolare. Il diavolo, per coloro che gli si avvicinano, diventa un soggetto meno trascendente, quasi un #superuomo, colto e raffinato, mentre chi lo osteggia lo riconosce come un essere infido e dispensatore di cattivi consigli, quindi da combattere. Il demonio perde l’aspetto teriomorfico medievale, per assumere un’immagine antropomorfica, attraverso la quale risulta più semplice entrare in relazione con il genere umano.

Rimane comunque irrisolta la questione di base ovvero se questo essere è di natura spirituale o umana e, questa dicotomia, si ritroverà in modo marcato nella letteratura del periodo, a favore di Satana o alla sua distruzione. Due esempi indicativi sono il Faust scritto nel 1587 da fonte anonima e il Paradiso perduto di J.Milton pubblicato nel 1667.

Nel Faust si narra del rapporto col Diavolo di un teologo-filosofo, il quale, per avere guadagni economici immediati decide di dedicarsi alla magia; per ottenerne i poteri necessari evoca il demonio che si manifesta sotto il nome di #Mefistofele e con lui stipula il patto rinnegando Cristo. Il demonio gli conferirà poteri magici per ventiquattro anni in cambio dell’anima, ma alla scadenza del termine Faust, orientato alla conversione, chiese misericordia al Diavolo, il quale negandogliela, gli provocò un’angoscia profonda che determinò l’atto suicida.

Il Satana di Milton è invece raffigurato come un personaggio glorioso quasi come fosse il centro della storia della salvezza: dalla creazione alla redenzione, alla condanna definitiva all’inferno, che per lo scrittore inglese non è in nessun luogo, ma è all’interno dell’animo di Lucifero stesso. Il Diavolo in questo racconto ha una duplice rappresentazione: maestosa ed orribile, con una maggiore predominanza dell’aspetto negativo nel quale viene esaltata la sua perversione e malvagità che deve essere condannata senza timore.

I progressi scientifici del XVI secolo, portarono il pensiero filosofico sulla strada dell’empirismo soprattutto in Inghilterra prima con Bacone (1561-1626) e Hobbes (1588-1679), in seguito con Locke (1632-1704) . La filosofia empirica si basava solo sull’esperienza e sulla conoscenza concreta delle cose. Solo i corpi esistono e, l’atto del conoscere deriva dalla conoscenza dei corpi, i quali per #Hobbes ad esempio, sono una realtà materiale estranea al soggetto e fanno parte dell’universo. I corpi intangibili e invisi- bili invece come l’aria, sono chiamati spiriti, non hanno nulla a che vedere con soggetti trascendenti, ma hanno solo una corporeità meno evidente. Per questo motivo Hobbes nella sua opera il #Leviathan pubblicata nel 1651, non riconosce gli angeli come messaggeri divini, ma li considera solo illusioni o segni prodotti della divina potenza poiché essi non possono essere sussistenti e incorporei nello stesso tempo. Per esistere l’angelo deve a- vere un corpo. La medesima cosa vale per i demoni i quali sono ritenuti nient’altro che illusioni simboliche del male; per questo motivo il filosofo inglese porta ad esempio il Vangelo di Luca nel quale il Satana che entra nel corpo di Giuda sarebbe solo la metafora dell’atto infame del tradire. Il pensiero di Hobbes, mise in crisi la demonologia e l’#angelologia cristiana, collocando ai margini la parte soprasensibile che la fede esigeva.

Cono questi precedenti culturali, il secolo XVII, diventa il tempo in cui è presente la progressiva destituzione di Dio dalla centralità che aveva ricoperto nei precedenti secoli della storia dell’uomo. La #secolarizzazione e soprattutto, la leggerezza morale e la fiacchezza intellettuale dei rappresentanti della Chiesa del periodo, furono complici della frantumazione della cultura cristiana, incapace di difendersi dalle aggressioni contro di essa. Nel secolo dei Lumi i modelli di pensiero anticlericali e antireligiosi erano all’ordine del giorno, la riflessione gnoseologica trovava la sua «summa» nell’Encyclopedie, alla cui stesura contribuì fra gli altri, il maggior espo- nente del materialismo e dello scetticismo francese, il barone d’Holbach.

Nella sua opera Il buon senso, pubblicata nel 1772 scrive così del Diavolo:

«(…)il Diavolo è utile ai ministri della religione almeno quanto Dio. Costoro traggono troppi vantaggi dalla discordia fra Dio e il Diavolo, per aspirare a un accomodamento fra due nemici sulle cui lotte sono basate la loro esistenza e le loro rendite. Se gli uomini smettessero di esser tentati e di peccare, il ministero dei preti diverrebbe per essi inutile. Il manicheismo è evidentemente il sostegno di tutte le religioni; ma, per disgrazia, il Diavolo, inventato per stornare dalla Di- vinità il sospetto di cattiveria, ci mostra ogni momento l'impotenza o l'incapacità del suo avversario celeste.»

In questa traccia si nota la completa indifferenza nei confronti del lato spirituale della religione e il totale distacco da qualsiasi forma di trascendenza, ponendo Dio e il Diavolo esclusivamente su un piano utilitaristico e strumentale. Questo tipo di modello culturale, riferimento del periodo illuminista, perse consistenza alla fine del XVIII secolo con l’affermarsidel pensiero romantico, dove la figura del Diavolo ritorna in modo quasi vincente. Alla ontologia e alla disciplina scientifica, successero il senti- mento e la sensibilità verso la natura, il ruolo della teologia fu occupato dall’estetica, alla compassione religiosa la potenza degli ideali dell’interiorità umana.

Il Diavolo, in questa situazione intellettuale, assunse il ruolo di personaggio letterario, svincolato da obblighi religiosi e teologici, diventò simbolo di forza che generava ammirazione e timore, divenne foriero di motivazioni che avrebbero dato una rinnovata dinamicità all’esistenza che senza di lui sarebbe tristemente noiosa.

Questa nuova visione del Diavolo influenzò la letteratura in modo evidente come si può no- tare nel #Faust di Goethe, dove Mefistofele ricopre il ruolo di un’entità individuale e, nel suo rapporto personale con Faust, porta alla luce tutto ciò che #Goethe voleva esprimere intorno ai valori esistenziali: una mescolanza di meschinità e nobiltà, crudeltà e trascendenza. Alta opera degna di nota, che seguirà di qualche hanno la pubblicazione definitiva del grandioso Faust scritto in sessant’anni fra il 1772 e il 1831, è L’inno a Satana di G. Carducci e pubblicato nel 1863. Il poeta italiano celebra la figura di Satana e ne esalta gli aspetti positivi rappresentandone le gioie terrene, il vino, l’amore, la convivialità. Verso la fine dell’inno, Satana diventa la metafora del nuovo che avanza, il progresso scientifico, la «forza vindice della ragione» che sconfigge ogni forma di oscurantismo e di dogmatismo.

Con queste premesse ci si avvicina ai nostri tempi che risentono, dell’enorme peso culturale che la figura del Diavolo ha ricoperto in tutti settori, dalla teologia all’arte, dalla filosofia alla letteratura. La trasformazione che ha subito da avversario nemico dell’uomo a metafora di potenza e ragione rivitalizzante, ha consentito la nascita di quel fenomeno che nel mondo contemporaneo è chiamato il #satanismo, evento al quale, i moderni adoratori del Diavolo, cercheranno di dare un senso di credibilità teologico filosofica, difficile a mio avviso da accettare, che comunque è messaggio di discreta consistenza mediatica attraverso la quale l’immaginario collettivo ne risulta pericolosamente influenzato.

 
 
 

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